lunedì 16 febbraio 2009

Il Veliero in Bottiglia



Alessandro Roggero








IL   VELIERO   IN   BOTTIGLIA

( poesie )









































in  memoria di mia madre Ada e di mio  padre Lavinio,
di Cesare Augusto Tallone e Gherardo Cangioli,
di Leonardo Sinisgalli, Giorgio Caproni, Piero Bigongiari
e di Maurizio Alhadeff


tutti grandi, persone, poeti, ingegneri, maestri e amici.





























IL  VELIERO  IN  BOTTIGLIA


a mia madre, a mio padre



Non ho mai pensato
di contendere la palma al vincitore
di possedere il dono della parola incantata
o il privilegio della poesia.

Non sono mai stato parte
della schiera dei figli del sole
mi sono tenuto anzi discosto da chi vive di parole,
ho fatto per vivere uso del contrario,
mercatura di opposte risorse.

Non ho avuto consuetudine mai
con gli stessi mitici luoghi
pur se ho sudato la mia parte
per un sorso dalla fonte Castalia,
mi sono soltanto abbeverato
affranto come un uomo qualunque
all’unica fonte possibile.

Non ho creduto minimamente mai
di metter  piede su un mio tesoro esclusivo
e quand’anche mi è parso che fosse
ho sempre pensato alla trappola,
al miraggio avvistato di ventura
dal veliero in bottiglia.






















AFORISMA



Mai mi nego a chi mi ama
anche se è vero
che emergo dal cespuglio della vita
con un rèfolo di vento
che mi porta sempre un poco più in là,
ma non scompaio.

Anche se a me stesso
nego l’immagine di me
non sento odore di zolfo
né impedimento mi danno
laccioli o palle al piede:
l’assenza di gravità
toglie anche il rumore alla ferraglia.

E se il giuoco più semplice
pone sempre il filosofo in imbarazzo
è anche vero che un rutto potente
toglie peso alla digestione.

Amen.
























PALINDROMO




Fu pari all’impeto
con cui prendemmo la salita
l’ansimare al sommo del primo poggio.

Ci volle una radura d’erbe
un boschetto in penombra
e il ciliegio selvatico.

Ridevi sputando nòccioli
contro il muro del casolare
ingombro d’edera e di corimbi.

Catene di colli e balzi
e, oltre, sterminate pianure
non il mare.

C’era di che arrossire: bussola
credulità o fantasia ? Ancora oggi
un palindromo illeggibile ad entrambi.




























PUNTO DI DOMANDA





Come fu che perdessimo l’infanzia
non lo dice la data di nascita
né oggi il discreto pudore
che avvolge la generazione dei quarantenni.

E’ stata così turpe la promiscuità
del sobbalzo
nelle notti popolate di démoni
e d’angioli con le trombe, amori platonici
e passioni a grande prezzo.

E da allora
c’è stato mai un risveglio ?



































GERANI




Bisogna che mi calmi
con il pensiero
degli anni che avanzano.

Altrimenti un viso così
può rimettere tutto in giuoco
un’altra volta.

Che poi però non sia la vita
che in mille modi
si diverte al tuo fianco
col profumo invadente dell’aria
o col geranio
che anche oggi scoppia
dalle pentole di smalto blu
sui balconi.
































RITRATTINO






Non gli oggetti e non la memoria
nulla che ti porti a me
dagli anni come una frase
e non l’ultima.

Qualunque cosa tu voglia dire,
attento,
ora io potrei crederti.



































PARSIMONIA







Sbriciola quanto rimane
perché nulla si perda.

Anche quello che avanzi
rientra da sempre
nel debito alla vita.

E verso gli altri.





























AUTORITRATTO




Scarno ormai sono
come una pietra
levigata da secoli di mare.

Non mi squama il sole
né temo la risacca.

Anche più notti
scompaio sotto un groviglio
d’alghe e di palma.

Ma prima o poi arriva
ancora il mare
a lambirmi.

E un’altra volta
si ravvivano colori
dal velo cinerino
di antico calcare.

E si fa giorno.































MESCHINITA’






Il ciclo del vivere ci porta
poche gradevoli sorprese.

E’ tanto se ci dà
qualche conferma.

Anche ‘sta volta
sbuca una rosa
dalla siepe del giardino.

E mi piacerebbe saper dipingere
perché mi preme
rinnovare i colori
all’albero della vita.




























INCONVENIENTI






Ci separano muri soffitti
e pavimenti. Ognuno ignora
il suo condomino
proprio per quanto avviene
oltre il diaframma
che dovrebbe invece
riservarne le abitudini.

Partita il mercoledì
pizza la domenica
sesso la sera del sabato
salvo imprevisti.

Capisco come la vicina
mi creda divoratore
di formaggio tedesco
quando ascolto Beethoven.





























VISITA





Uscì
e neanche me ne accorsi
così com’era entrata.

Non ho sofferto
e non l’ho dimenticata
né sicuro ha sofferto lei
né si è dimenticata di me.

Ho solo avuto
qualche disagio
fino al giorno che piovve.

Capii che non c’è attrito
nell’unirsi e dividersi
di due gocce d’acqua.

























LETTERA DA UNA  AMICA



Stava per iniziare tra noi, non scherzo,
non voluta e nemmeno temuta
più di tanto, una congiura sottile
per interposte larve.

Demoni e dei tra loro non confusi
seppur complementari e un poco,
tra il vero e il falso, indistinguibili
stendevano
come un’allumacatura lattiginosa.

Per noi
il vivere in un albume senza guscio
perpetua un’inquietudine,
dicevi. Ed io
prosaicamente, che la mosca
presa nella tela del ragno
ha più vigore di noi nell’avventura,
ma dibattersi
più velocemente la estingue.
A noi questo non serve,
serve una quiete
ancorché apparente.

Infine la tua lettera mi giunse
a liberarti in volo.

Da Baltimora.





















IMPROVVISO





Mi chiedo a volte se io non abusi
di me o che farò
il giorno che improvvisamente
si arresti il meccanismo
del congegno o si rallenti
il flusso della corrente al fiume
che è la vita.

Sarà un mattino
con l’oro nella bocca.

E quale maggior dispetto
rinunciare in un fiato
all’ora antelucana
come un grillo che smette di cantare ?































BOTTO DI SPALLE




Preda o scampato
so di andare incontro ad uno scoppio
che prima o poi parte dalla radura.

Posso far conto
solo su un errore di mira.

E non sarei che inutile
trofeo di poca piuma,
animale indecoroso, non impagliabile
per qualunque salotto.

Con ciò mi illudo. A chi spara
so come conti una tacca sul calcio
e un colpo a segno
più di un inutile bottino.

Forse già in arresto,
l’attimo che intercorre
tra botta e tonfo
vivo in librata
sul limite di una rosa che si allarga.





















NOZZE IN CATTEDRALE





In un mattino di luglio
basta una sparuta colonia
di cornacchie venuta d’oltrepiano
forse, chissà, da Populonia
a mettere in subbuglio
i tetti di Pitigliano.

Arroccate su sghembi cornicioni
tentano una difesa
trepide colombelle e tronfi piccioni
sul tetto della chiesa.

Ma i forestieri lasciano i nidi
intatti, non è un assalto
solo festa nuziale
se in un concerto di gridi
vertiginosamente in alto
due cornacchie s’accoppiano
sul tetto in  cattedrale.

Poi tutte insieme doppiano
la torre campanaria:
parte il corteo, sale
allineato e altrove svaria.





















RISPOSTA AD UNA AMICA







Temi anche tu la notte
da cui un sogno ti riprende,
un cruccio o una memoria
che ti rimette nell’ora antelucana
al giorno e al suo scialbo tormento.

Anch’io non so decidermi
se pena sia il notturno sobbalzo
o peggio il franamento
opposto e smemorante
nella fatica del giorno.

In ogni modo io vivo
consolandomi di poco, occupo
il tempo e scaccio alcune domande
a cui non ho, per me,
accettabili risposte.

Rifuggo intanto la continuità
dei legami, cerco ameni ristori,
procedo a impulsi, forse solo
in attesa di un mattino
invadente di solarità.




















APOLOGO





Quando tu prendessi
a considerare l’evolvere della vita,
la tua vita, come lo snodarsi di un percorso,
temo e non vorrei dirlo
ma è pur vero che penso
che potresti vederla nei particolari
tutta rimessa in fila
come una processione di posposti.

Anche a me succede di confondermi
se guardo i risultati
ma a debita distanza
non vedo errori in assoluto,
solo collocazione di eventi
in controtempo.

E una specie di enigma
la strada che si diparte in altre
biforcate a lor volta
e in successione triforcate
indi quadrivi, tal che all’infinito
si compone un reticolo di sentieri
inestricabile.

Là, tu stai certa, al centro
un ragno non velenoso ma vorace
attende un segno da un insetto
vibratile impigliato
nell’estrema avventura della vita.
















REBUS




Fuggito su navi in arrivo
arrivato su quelle
che partivano, non fui mai
dove sono impronte
di me, rimasto
sempre altrove
in luoghi abituali che non conosco.

Ho abitato da solo eremi inaccessibili
in promiscuità
di ogni genere, adorato schiavo
al patibolo, bestemmiato
imperatore di me stesso
eletto all’unanimità
in deserte assemblee.

Sfamato da assidue
jene amorevoli
ho nutrito coi visceri
il becco di trepide pavoncelle
delicatamente senza dolore
solo morendo
in  vita.























ARRESTI


Per G. C.




Un lampo
interrompe la visita alla città,
una farfalla
ti arresta a un bivio
l’acqua sui tetti
sospende ogni discorso.

Una cattiva notizia
che viene di lontano
dà un senso alla vita
porgendoti il contrario.

Un pallido sole
colora le occidue vette…
































MARINA








Abbiamo speso tempo
a cercare sassi più levigati
e conchiglie più belle
invece di temere
l’immensità del mare
davanti a noi.

Così un’onda
nemmeno tanto improvvisa
ci ha incappucciato.
































MATURITA’



A Gherardo Cangioli








Si allungano gli intervalli della memoria
scompaiono giorni e anni
esistono solo epoche
della vita e poi d’un tratto
si fa vivo il sentimento del tempo
che annulla vuoti e memorie
e balza nitida e improvvisa
la giovinezza.






























SPLEEN





Abbiamo vissuto intere stagioni
senza conoscerci e mietuto
più profonde isole insieme
dove anche il mare
arcuando giorni e notti
sotto la sferza liscia del vento
dimentica i suoi velluti.






































QUADERNO GRECO






Sorbito un ouzo di sera
nella piazza grande di Sparta
tra un vespaio di gente.

A Micene fantasmi
dispersi sul mezzogiorno
dal pieno sole di Argo.

Bevuto il sorso vitale
dalla fonte Castalia.

Fiumi d’oro
nel teatro di Epidauro
da una moneta  caduta.

Fatta sosta a Corinto
tra i due mari.
























AZZARDO









Prefiguriamoci il dedalo
delle combinazioni, non esitiamo
a scegliere la strada
che si biforca sempre in altra
strada biforcata a sua volta..

E procediamo.

Quella luce in fondo
è il nostro esito.

O la fine.





























MAR  LIGURE








Abbiamo tutti amato
e temuto le tue furie, ascoltato
i tuoi fremiti
scrutato i tuoi segreti
vegliato le tue notti.

Ci siamo di te ubriacati
nel delirio accecante
del primo mattino.

































DA SPIRIDION A LEFKA



Oh! tutto quel bagaglio portato
con noi, traghettato
di porto in porto, stipato
tra la ruota di scorta
e la cassetta dei colori.

Bastava molto meno
per noi nella piazza grande di Sparta
o sotto il canneto
in una bettola di Lefka
tra il pescatore di aragoste
e il venditore di cocomeri…



































VIVISEZIONE






D’istinto ho sempre
intimamente diffidato
ogniqualvolta
mettevi alle parole più crude
la premessa di dirle per bisogno
assoluto della verità.

Dubito più che mai che fosse
necessaria più che il silenzio
quella comoda sincerità,
ora che entrambi ci troviamo
disossati con cura.

O valgono ancora le premesse ?





























VERSANTI




Si è sempre trattato di un impeto
e mai di una voluta
organizzazione di risorse.

Ho sempre attinto ad una forza
che se non fosse stata della vita
avrei creduto intimamente mia.

Impeto d’acqua viva
che se stagna
inevitabilmente si corrompe.



































PREGHIERA





Chi piange in te
quando una parola imprime
il tuo bel viso
di una smorfia
o ti corruga la fronte
e il tuo silenzio
è ancora più implorante
dell’inarcato sopracciglio ?

Tu vuoi che taccia e l’impeto
si plachi tra noi
d’ogni rancura.


































MIRACOLI

a Cesare Augusto Tallone


Da sette note
e qualche falso suono o sopranota,
da una combinazione di ventuno
e qualche virgola,
da una mezza dozzina di colori
e un po’ d’ impasti
c’è chi riesce
a rappresentare un universo.

Anche in eterno.

































PRIMAVERA





Che sia annunciata
anche ‘sta volta dallo spicchio
di sole che colora
le crepe del selciato, che ancora
sbuchi col fiore dalla siepe
o sia portata
dal venditore di radicchio
se anche altrove svaria
si sente già nell’aria
di questo indolente mattino.

Uno sciame di ragazzini
entra nel giardino
per una nidiata di gattini.




































ARACNE





Si strugge
ricama il suo tormento
tace
si consuma, non fugge
aspetta in pace
la sua sera,
scaccia lo spavento
con la preghiera.




































CACCIA







Anche chi cerca di braccarti
si avventura con te
in un dedalo
e prima o poi
si perde al crocevia.

Sento in distanza alterne
voci: chi dice
cercalo, chi dice
lascialo.

Verrà la sera
e già conosco
chi mi prenderà.


























COMPAGNIE
a  Leonardo Sinisgalli
Giorgio Caproni
Piero Bigongiari


Cari amici, ci siamo,
vi saluto. Non esco,
sono sempre da voi
stato lontano.

Eppure ho condiviso con voi
ricchezze e povertà
furie e collassi
tristezze e amenità, in poche parole
tutta, o quasi,
una vita.

Ho conosciuto di voi
le pieghe più riposte
l’anima, si può dire, e lo sconforto;
se non ho pianto per qualcuno
è solo perché
ho avuto molto da fare
in casa mia.

Cari amici poeti
vi ringrazio.


























QUESTIONI  POETICHE




Quando è possibile
si può dire che non  traffichi in denaro
o mercanteggi,
ma scrivi poesie.

Solo quando è possibile.


***


E’ vero che di poesia
non può vivere il mondo.

Vivo solo io,
nemmeno la mia famiglia.


***


Poeta ?

Forse morirò di questo vizio
perché la vita in sé
non vale certo una morte.



















RADIOGRAFIE

a Maurizio Alhadeff




Dopo l’aneddoto di antica saggezza
e il proverbio levantino
il tuo volto
tra il semita e il fenicio
in uno scoppio di pianto
si è chiuso
tra mani forti per un vivo ricordo.

Chi veramente siamo
noi così certamente corazzati
così evidentemente adulti
indubbiamente così refrattari
se poi un lampo interiore
ci mette a nudo lo sterno
ci fa seduta stante l’impietosa
radiografia della vita
all’improvviso?


























VIGILIA DI UN COMPLEANNO




E da domani non  ti resta che…

l’ultimo set di tennis
giocato a certi ritmi;

l’ultimo Burberry acquistato
prima che cambi moda;

l’ultimo motore compresso
per andare a centottanta
prima di un divieto;

l’ultimo respiro di sigaretta
prima di cedere
all’istinto di conservazione;

l’ultimo decennio di vita
prima del prossimo
secolo e millennio;

l’ultimo grande amore
prima che si stemperi
anche il senso di avventura.

E tutto questo da domani
che un altro po’
ti seppellisce alla memoria.
























INTERRUZIONI





La mia poesia è un po’ come un aborto.

La genera lo stesso atto
d’amore, la stessa
intensità di un orgasmo
ma non dura un’intera gestazione.

Si interrompe a un tratto
come può
interrompersi
una vita.

O è un po’ come un amore?


































I°  RITRATTINO  DI  PIANISTA




Capivo la tua foga,
ti mancava il tempo
non l’ardimento.

La tastiera
avrebbe schiuso i segreti
solo dopo il concerto.

E la tua anima ingigantita
dalla sopranota
è rimasta con noi
nel falso suono
poi della vita.



































SILENZI SPAZIALI




Se vuoi,
anche noi viviamo
un poco di eternità.

Tra le stagioni
che la compongono
ha preso spazio,
infimo tempo immisurabile,
la nostra semplice vita.

Silenziosamente.
































II°  RITRATTINO  DI  PIANISTA


E a me o a te
che resta
di tutta la fatica
del vivere,
o del correre delle dita
su un’interminabile
tastiera ?

Poche frasi
e come sull’accordo impervio
di settima diminuita,
l’orbita inarcata
del sopracciglio
che racchiude un lampo,
a strappi
il bagliore insepolto
della vita.

































MARY




Mi possiede una gatta
dal sorriso arcaico
a cui  Mozart acquieta
ogni appetito
e Chopin suscita l’estro.

Disarma ogni difesa
con grazia sorniona
e felina sfrontatezza.

Non sta mai in disparte,
pretende
un ordine di vita
alla pari.

E’ femmina
dal naso alla coda.


























PASSAGGIO  DI  STAGIONE






Venivano dalle spalle
del borgo e stentavano
a perdersi.

Finivano tutti
nella gola
tra greto e selva
disperatamente.

Tra i nidi
andava mutando
senza scampo
in altra la stagione.

Erano quelli
che udivi
gridi di stativi
uccelli.





























CONFINI






Ho esperienza
di limiti alla vita,
conosco confini
alla stessa sublime fantasia.

In questo esiguo ambito
mortalmente mi batto
stretto e prigioniero
di un semplice, infinito
aldilà.



































MANEGGIARE CON CURA





Ho sempre preteso
di guidarti, ora vorrei
che mi prendessi la mano.

Le gambe non reggono
e mi batte la testa.

C’è nell’aria una musica
che mi attrae
ma il ritmo è insostenibile
per me del bombardino
che suona all’angolo
dell’osteria.

Dammi la mano…






























AL MOLO






Férmati qui
almeno il tempo
per capire
almeno il tempo
per non partire almeno
il tempo
per non morire
altrove.

Ma davanti
il mare.
































PENDOLA
a Beppe L., orologiaio





Un giro del quadrante
e si cresce o si invecchia
per somma di percettibili minimi.

L’ago metronomo
imperniato nella scatola meccanica
dà ritmi identici.

Dolori gioie attimi indifferenti
in continuo ripetersi
di orbite uguali.

Eterne.





























INCUBO





Ti ridevano gli occhi
intanto io fuggivo, ma in ogni parte
portavo con me i tuoi balocchi,
bellezza, sogni tutti in bagaglio
e la tua giovinezza. Il rifiuto,
un abbaglio, due fari
davanti, uno schianto.
Gli spari. Aiuto !
Il pianto poi
per la fine improvvisa
di noi
senza un saluto.

Mi son visto morire
in un minuto.



























ROSSO PAPILLON

.


Auree vaganti stelle
lasciano tracce di percorso
ai pensieri che da sempre
t’inseguono.

Vivo per questi attimi
che mi destano d’improvviso
e poi si perdono nel buio.

Non il pensiero di te
di qui passata e dove
hai lasciato il tuo rosso papillon.

Punto la tua spilla
al mio cuore esangue
ed un barbaglio illumina
il tuo volto di arciera Diana.

Mi duole anche la penna
tra le dita e la coda
del tuo gatto che rotola
un avvizzito mandarino
tra le zampe come fosse
un intero mondo
qua e là ferito per giuoco.

Fuori è Natale !






















LACUNA


a mia figlia






Niente che a me ti porti di lontano
non tutta una vita né una sequenza di particolari
né un insieme di minuti aspetti di una vicenda
né tuttavia un dolore vivo
né un’aperta ferita;
niente che mi sia contemporaneo
come la tua assenza,
un vuoto antico
mio, ora
e sempre
di te.



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